Verso Daytona: intervista a Giorgio Sernagiotto
Appassionato di motorsport praticamente da sempre, grazie alla passione trasmessagli dal papà Renzo, Giorgio Sernagiotto, 39 anni, può vantare una lunga esperienza che va dai go-kart al vetture gran turismo e ai prototipi. Con Cetilar Racing fin dalla nascita del team, è stato, tra le altre cose, Vicecampione del Mondo Trofeo Maserati e Campione del Mondo Coppa Shell con Ferrari.
Lo scorso marzo la prima corsa in USA ad Austin, ora si torna, ma è una gara diversa, perché è “La Gara”… Che sensazioni provi a un paio di settimane dalla 24 Ore di Daytona?
Dopo Le Mans, la 24 Ore di Daytona è la grande classica, una delle gare che un pilota DEVE fare. Poter essere al via dell’edizione 2021 mi rende felice, orgoglioso e voglioso di ben figurare! Dallo scorso anno ad ora ci è cambiata la vita a tuti, ad Austin nel febbraio scorso il Covid era ancora lontano e non spaventava più di tanto, a ripensarci vengono i brividi. In soli 11 mesi abbiamo rivoluzionato le nostre vite, la nostra quotidianità, il modo di viaggiare e di porsi con gli altri. Anche in termini motorsport è molto diverso, ma la lotta in pista è sempre al massimo!
A livello fisico e mentale, come vi siete preparati? Avete fatto qualcosa di particolare?
Con l’emergenza Covid i calendari 2020 sono stati rivoluzionati e dal giugno scorso non abbiamo praticamente mai staccato quindi fisicamente siamo in forma e subito dopo capodanno abbiamo anche fatto uno stage di preparazione atletica tutti insieme a Pisa. E’ stato molto bello perché abbiamo fatto subito gruppo e nonostante la fatica ci siamo divertiti insieme.
Che idea ti sei fatto della 24 Ore di Daytona? Hai avuto qualche feedback particolare da colleghi piloti?
Da quello che mi hanno buying valium detto alcuni amici piloti, la pista ha 2 anime, una molto lenta e tortuosa detta infield e l’altra iper veloce che è parte dello speedway e la variante bus stop. Quindi dicono che la differenza si faccia sul veloce, mentre sul lento c’è da gestire gomme e sforzi fisici.
Cosa differenzia il motorsport USA da quello europeo, regolamenti a parte?
L’atteggiamento aggressivo e d’attacco è nel DNA dello sport USA. Comportamenti super difensivi con chiusure di traiettoria che si vedono in Europa, negli Stati Uniti d’America non solo vengono sanzionati ma vengono visti come atteggiamenti da deboli. Poi c’è la cultura e il rispetto per tutti coloro che sono coinvolti nello sport, soprattutto in Italia se lavori nello sport (o anche nello spettacolo) sei sempre visto come un eterno bambino, un Peter Pan a cui ci si approccia sempre col sorrisino quasi compassionevole della serie “quando metterai la testa a posto”. In USA invece la professione di sportivo è considerata allo stesso livello di un qualsiasi altro professionista con lo stesso rispetto e lo stesso peso sociale, e questo si rispecchia anche sul coinvolgimento del pubblico che vive e tifa per tutti i piloti in pista.
Vieni da una lunga esperienza nell’endurance condita da quattro 24 Ore di Le Mans con la Dallara LMP2, ma a Daytona sarai un rookie. Quanto conta l’esperienza di Le Mans?
Le Mans è il “Master” dopo l’università, Daytona è l’Univervità, quindi sulla carta sono tranquillo ma… è una pista strana con variabili diverse da quelle a cui siamo abituati a gestire. Le vetture più lente come le LMP3 e le GT3, il banking, sono tutte novità e grazie anche agli spotter le gestiremo al meglio delle nostre possibilità.