Verso Daytona: intervista a Roberto Lacorte

Uomo abituato alle grandi sfide, che si tratti di sport o di imprenditoria fa poca differenza, Roberto Lacorte non vede l’ora di assaggiare l’asfalto del Daytona International Speedway, ultima esperienza in pista con la Dallara di classe LMP2 numero 47. Da giovedì sarà in Florida, prima per il ROAR (Roar Before the Rolex 24) e poi, nel week end del 30-31 gennaio, per la leggendaria 24 Ore di Daytona (Rolex 24), con Cetilar Racing nuovamente unico team italiano impegnato nell’ambito dei prototipi.

Lo scorso marzo la tua prima esperienza in pista negli Stati Uniti, ad Austin. Ora si torna in America, ma è una gara diversa, perché è “la Gara”… Che sensazioni provi a un paio di settimane dalla 24 Ore di Daytona?

C’è la curiosità di andare a correre una 24 ore in stile americano, con logiche, regolamenti, atmosfera, tutto completamente diverso da come siamo abituati. Anche la gestione tecnica, cambia molto. E’ un’esperienza in cui volevamo cimentarci per scoprire qualcosa di nuovo, e sarà molto utile. Poi c’è comunque la voglia di tornare a correre, fortissima. E farlo con un equipaggio allargato con l’innesto di Antonio Fuoco, è ancora più stimolante anche per noi, un nuovo modo di misurarsi con un pilota giovane e veloce.

Perché la scelta è caduta su di lui? Che impressione hai avuto dopo il vostro primo incontro?

Perché prima di tutto è molto veloce e lo ha dimostrato sempre, in qualsiasi categoria ha corso. Antonio mi è stato consigliato fortemente da Amato Ferrari, è una combinazione perfetta con noi e siamo molto felici di averlo in squadra. E’ una persona gradevolissima, molto preparato e accurato in tutto ciò che fa, un professionista vero. 

Sarà l’ultimo ballo con la Dallara #47: in questo momento qual è il sentimento che prevale? 

La gioia di farla correre in un ambiente sulla carta più confortevole per le sue caratteristiche. Abbiamo sempre incontrato molte difficoltà, a causa della sua scarsa downforce, ma a Daytona serve meno, c’è bisogno di tanta velocità e su questo non siamo messi male. Quindi correre in condizioni in cui possiamo dire la nostra, su una pista che sposa bene la nostra macchina e ci mette in condizioni di confrontarci con gli altri, è un grande stimolo. 

Quali sono, tecnicamente, le difficoltà principali di una gara come la 24 Ore e di un circuito come Daytona?

Ogni pista ha le sue caratteristiche, Daytona ha un banking tra i più ripidi al mondo, che arriva fino a 31°. Bisogna adattarsi in fretta, perché è una condizione totalmente differente rispetto ai nostri circuiti, c’è un forte schiacciamento verticale oltre alla g-force laterale. E poi c’è il traffico, complicato da gestire perché la pista è piccola in confronto a Le Mans e le macchine sono comunque tante. Dovremo abituarci all’ausilio degli spotter, altra cosa nuova per noi e altra componente americana con cui dobbiamo fare i conti.

Pensi che Daytona per Cetilar Racing possa essere la prima e ultima gara nel circuito IMSA?

Mai dire mai… Il sogno è fare anche le altre gara di durata del campionato endurance, ma vogliamo fare una cosa alla volta. Partiamo dalla gara più importante, per conoscere e vivere un modo di correre che è molto affascinante, e poi vedremo. Intanto dopo Daytona tutto il focus di Cetilar Racing sarà sul progetto LMGTAM nel WEC. Quindi, al momento, c’è davvero poco spazio per altri pensieri…