24 Ore amarcord: Walter Brun e quei 12 minuti dalla gloria

Alto, viso ossuto e lungo che sembra passato sul Pastamatic, nero di capelli e occhi ancor più scuri, ma nonostante tutto uno sguardo allegro da persona che sa godere e prendere la vita in maniera lieve. Walter Brun è una di quelle figure affascinanti e, col senno di poi, leggendarie che popolavano il Motorsport nei selvaggi Anni ’70 per continuare nei furiosi ’80.
Non parliamo di un campione, ma di un gentleman driver, un pilota che nella vita di tutti i giorni fa ben altro ma che non ha paura di salire su automobili terrificanti e lanciare il guanto di sfida a professionisti mica tanto pronti a renderti semplici le cose una volta scesi in pista.

Il suo mondo è l’Endurance, ovviamente Le Mans il fulcro di tutto questo. Siamo nel 1990, la sua nona partecipazione alla maratona della Sarthe, e fin qui tutto suona sereno, quasi monotono. Invece non è mai così… certo, Walter è ancora li, un giugno come tanti ormai passati a cercare di bucare le ore e la leggenda nella campagna francese. Ma la favola invece è alla fine. Perché?
Una parola, anzi, due lettere: F1. Ebbene si, il nostro sereno e bonaccione gestore di casinò dal piede pesantissimo, guardando le stelle ha deciso di puntare alla Luna. Come biasimarlo? Ti va tutto bene da decenni ormai, sei un race winner nel Mondiale Gruppo C, quella voglia di vedere il tuo cognome su uno di quei missili tutti alettoni e gommoni non te lo vuoi togliere?
E sia, un accordo con l’esperto Paolo Pavanello, titolare Euroracing e l’avventura nasce nel 1988, si chiama EuroBrun. E all’inizio nemmeno va troppo male, ma adesso siamo nel 1990, giusto? Walter è sommerso dai, debiti, la scuderia ormai gli sta sfuggendo di mano, sta vendendo le sue floride attività per cercare di dipanare le pendenze. Ma intanto grazie alla munifica Repsol l’attività nell’Endurance va avanti.

La vita è strana alle volte, sei praticamente un uomo al capolinea e sei li, sulla linea di partenza e guardi l’orizzonte. Si l’orizzonte, perché di avversari mica ce ne sono. Da uomo sul lastrico non deve essere facile, nemmeno a livello mentale, trovarsi in prima fila alla 24 Ore di Le Mans. Perché Brun, buon piede già di suo come abbiamo detto, corre in equipaggio con Jesus Pareja, buon piede e portatore sano di capitali, grazie alla suddetta Repsol, e l’ex F1 (proprio con EuroBrun) Oscar Larrauri. Oggi possiamo definirlo lo “Stig” dell’equipaggio.
Ora la gara è partita, una prima fila può significare nulla, questa tanto con molta probabilità sarà la gara della prima vittoria nipponica in Francia, la Nissan ha uno squadrone letale, capace di mettere 4 vetture in griglia ai primi 5 posti, il tutto condito da una pole record che resisterà fino al 2017!!! Guardi Oscar partire e ti immagini che la sua balena ormai vecchia e apparentemente sernza speranza venga inghiottita dai missili giapponesi ed elegantemente sverniciata dalle austere Jaguar, le altre candidate ad un eventuale trionfo. Invece l’argentino è sempre li, a grattare la coda di Brancatelli in testa alla gara. Sali in auto anche tu, sale Pareja, ti aspetteresti senza lo “Stig” in auto di vederli affondare in classifica. Ovviamente no.

Dopo 16 ore la situazione è questa. Le Nissan, troppo tirate, sono saltate come canguri epilettici, prima la Jag di Nielsen/Cobb/Brundle e seconda? Che ve lo dico a fare? Certo, il distacco è di due giri ma siamo a Le Mans, mancano 8 ore, tutto può succedere. E succede sotto forma di contatto di Nielsen con “Jacquot” Laffite. Forse è davvero la vita che sta togliendo tutto a Walter da una parte ma vuole bilanciare il tutto con un giorno da leoni irripetibile ed insperato. Ora Larrauri è in macchina, si è sdoppiato, ma non solo per l’inconveniente della Jaguar. No, è il più veloce in pista, ha annullato i due giri di distacco, è sotto i tre minuti di distacco, la sua balena blu trasformata in un famelico predatore. Sosta ai box adesso, ma non serve benzina, ne gomme. Serve una flebo, Larrauri (che prima di partire per una gara che l’ha visto in auto un numero infinito di ore si era pure fatto la gara di contorno con le Renault 21 Turbo…) non ce la fa più, è al collasso.
Poco male, risalgono Walter e Jesus (hai visto mai servisse un miracolo…), del resto tutte le Jaguar sono infestate da problemi vari, vedere ritirarsi la XJR12 di Jones/Salazar/Fertè ti dice che tutto può succedere. Infatti, purtroppo tutto può succedere.

12 minuti dal termine, la Porsche che ti ha fatto sognare per un giorno intero decide che ne ha abbastanza, rende l’anima il motore. Pareja in pista piange disperato, il nostro Walter ai box capisce che è così che deve andare, fino in fondo, e forse smette di credere al karma. Si ripresenterà ancora nel 1991, poi l’oblio. Invece la vita sa davvero sorprendere. Leggenda narra che Walter adesso faccia il musicista, suonatore di tromba, ma 10 anni dopo, nel 2001, tornerà a Le Mans, e così anche le due edizioni successive. Perché è vero, è così che doveva andare. Ma non è così che doveva finire.

(Joseph Porta)